Monte Comun |
Ti risvegli da un incubo, e ti ritrovi ancora li, ancora su una bici, ancora su una salita, apparentemente sei solo, invece sei accompagnato da quella fatica piena di energia, da quel noto colpo di pedale, da quelle movenze che ti appartengono, da quell'ipnotizzante respiro che sembra voler rompere quel sordo e magico silenzio da cui non vorresti mai riemergere.
Come se nulla fosse accaduto.
Ci voleva,
"una boccata d'ossigeno per il fisico,
un'iniezione di fiducia per la mente,
una scarica di energia per l'anima"
prima di immergesi nei rigori dell'inverno che ci attende paziente.
I centoventicinque chilometri di questi due giorni, sono solo la punta di un iceberg di ciò che ha effettivamente rappresentato, di cui le parole giuste non esistono.
Sono ancora lontano dalla completa guarigione, la strada da percorrere è ancora lunga e ci sono tempi tecnici da rispettare, che intendo rispettare.
Ci voleva, appunto, nell'attesa di tempi ciclisticamente migliori.
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