Raccolgo l’“invito” del nostro instancabile Presidente,
attratto dallo sterrato, pavè, ciotolato, e velodromo. Ma sono i miedi adorati
Colli Romagnoli a fare la differenza: tanti colli, troppi colli, un’autentica indigestione.
Alla partenza nella suggestiva Piazza Saffi di Forlì siamo
in pochi intimi. Circa un trecento. Si intuisce già che sarà facile far della
strada in solitaria. Il percorso è di quelli duri, e infatti la partenza è a
velocità moderata.
Galvanizzato dalla recente esperienza in terra francese
decido di farla del mio passo, rinunciando di fatto a restare con gli altri 5
compagni di avventura Cassinis. Le prime pedalate confermano queste sensazioni.
Pochi chilometri di pianura e poi si iniza a ballare su Montecavallo,
Montegelli e Montetiffi, che supero agevolmente. C’è anche il tempo e voglia di
guardarsi intorno: la campagna è magnifica il cielo è terso, e la temperatura è
fresca. Il gruppo si nel frattempo si è disintegrato e resto con un paio di
atleti. Dopo Montetiffi arriva l’inedita
Perticara su strada bianca: affascinante. Lo sterrato è buono, le pendenze pure, e la campagna sempre più
selvaggia. Una volta ritoranti sulla strada principale il ballo continua fino a
Monte Benedetto, per poi scendere in picchiata verso Ponte Messa, da dove si
attacca Passo Pennabili.
E’ l’unica salita lunga e regolare della giornata che inizia
bene, ma faccio un “piccolo” errore di valutazione alimentare, e quando me ne
rendo conto ormai è troppo tardi: è crisi di fame. Me ne accorgo a pochi km
dalla vetta, cerco inutilmente di porre rimedio e ai piedi del Cippo ci arrivo in
condizioni pessime.
Il Cippo è una salita che non perdona e non da molto
respiro. Resta comunque suggestiva, sia nella foresta, sia quel bellissimo tornante
a balcone sulla campagna sperduta e sovrastata da un cielo azzurrissimo, sia lo
scollinamento con la stele del Pirata. “Il Carpegna mi Basta” è scritto
ovunque.
Pure a me, dico Io. E invece no. Fino a questo momento ho percorso già 100km e
3400mt dislivello. Il bello o brutto (a seconda dei punti di vista) deve ancora
arrivare, in solitaria ora.
L’itinerario di giornata prevede di arrivare fino a San
Marino. Questo tratto apparentemente facile è inviece piendo di falsopiani, salitine
e salitelle. Così in 30km vengono serviti altri 1000mt di dislivello.
Sicuramente è bellissimo arrivare alle pendici della citta e vedere in
lontananza il mare, ma il prezzo da pagare è altino. Mettiamoci che anche la
temperatura è lievitata, giusto per non farsi mancare nulla.
A Ponte Verrucchio, ci si arriva dopo 150km, all’arrivo, ne
mancano ancora 70km, con 3 tratti in sterrato, 6 salite, e i circa 900mt di
dislivello restanti. Non arrivo più penso, fisico e gambe sono stanchi, e la
testa barcolla, lo ammetto.
Sulla solita di Torriana, 2 km con pendenze al 18% mi sento
un pugile suonato. Stessa sensazione sullo simpatico “strappetto” con punte al
16% che porta a Borghi. Comincio a pensare che colui che ha disegnato questo
percorso ce l’ha coi ciclisti. La conferma non tarda ad arrivare, quando per
salire a Roncofreddo mi ritrovo davanti una rampa bianca al 16%! (Si ce l’ha
con i ciclisti J),
seguito da un’altra ascesa cerso Monteleone. Si chiude così un’altra bella
sequenza.
Finalmente mi imbattto in un collega, con una fantastica
bici Team Sky: finisce la solitudine, finisce la crisi e sale l’adrenalina (ispirata dalla bici?).
Comincio a vedere la fine.
Ed ecco che gli ultimi 40km “volano”: gli strappi di Ardiano
e Bertinoro su strada bianca li digerisco bene, e il tratto di pianura finale
manco lo sento. Tanto che a 3km
dall’arrivo decido che al velodromo ci arrivo da solo.
Così dopo 220km e 10h 10' di passione, l’entrata “triofale” nel
velodromo rimarrà un ricordo indelebile.
1 commento:
Complimenti per averla conclusa!!! Cmq penso di preferire 5300mt con 4 salitoni piuttosto che quella sorta di ECG di strappi e salitelle che mi fa venire il mal di testa solo a leggere il profilo!!!
Ciao
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